IC via Matteotti 11, Cave, Roma
In questi anni si parla sempre più di innovazione, formazione, curricolo verticale, competenze digitali, penso però che tutto questo, nonostante sia un ottimo lavoro e ci sia un grande fermento, non arrivi capillarmente ai docenti o a tutti i docenti. Sono convinta che bisogna rinnovare, perché i tempi cambiano velocemente e molta della scuola che io vivo è lontana dalla vita reale. Non parlo della mia scuola, o delle scuole di periferia o di scuole particolarmente problematiche o lontane dai grandi centri, parlo di gran parte delle scuole, ovunque esse si trovino. Bisogna svecchiarsi.
Io sono anche formatrice e ho il compito di formare i docenti dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado. Spesso ho riscontrato fortissime resistenze, molte proprio nelle scuole secondarie, dove più di frequente si è arroccati al passato. Si propone un modo di fare scuola non al passo coi tempi, ma soprattutto resistente al cambiamento. Difficilmente ci si mette in gioco e si riflette sul proprio insegnamento. La prima sfida è proprio il riflettere su se stessi. Una scuola che ripensa se stessa e il proprio rapporto con gli alunni io ancora non la vedo completamente; se questa scuola c’è, ce n’è poca e il lavoro di quei pochi diventa molto difficile in contesti dove si arriva a lavorare in solitudine.
Ho fatto su me stessa il lavoro che propongo, già da quando ero una precaria ho ripensato al mio modo di insegnare, ho sentito che io per prima mi annoiavo e ho deciso che dovevo cambiare. L’apertura al digitale è stata solo una delle metodologie che ho cominciato a utilizzare accanto ad approcci più attivi e motivanti. Nella scuola gli insegnanti che cercano di lavorare in questo modo arrancano per riuscire ad affermare e disseminare il loro modo di fare scuola. Talvolta è necessario rivedere anche ciò che si dà per scontato, come ad esempio l’insegnamento della lingua italiana e magari ammettere che insegnare sempre allo stesso modo potrebbe essere poco efficace. Faccio un esempio che sto vivendo in prima persona: esiste un gruppo di docenti che, sulla scia di esempi illustri, come la professoressa Nancie Atwell, docente Americana che ha vinto anche il teacher Awards, sta sperimentando un nuovo modo di insegnare la scrittura e infondere la passione per la lettura; la professoressa Jenny Poletti Riz, insieme ad altre docenti italiane, sta portando avanti capillarmente questa nuova metodologia del Writing and Reading Workshop, riscuotendo un grande successo. Questo mi fa capire che i docenti motivati e disposti a cambiare ci sono, e in questo caso, il cambiamento arriva piacevolmente dal basso, dai docenti stessi. Il cambiamento però si deve volere e poi si deve essere disposti a mettersi in gioco e faticare, studiare per cambiare, perché il docente non smette mai di essere un alunno.
Io non sono tra quegli insegnanti che attuano una didattica digitale a 360°, né che prediligono prevalentemente un approccio didattico rispetto a un altro, ma è proprio facendo formazione sulle competenze digitali ai miei colleghi che mi sono resa conto che c’è una fortissima resistenza al cambiamento, un cambiamento che ha sempre lo stesso obiettivo, quello non cambia mai: contribuire a formare giovani persone per educarli alla vita.