Si è parlato per anni di didattica speciale: luoghi speciali, tempi speciali, ruoli speciali, contenuti speciali, competenze speciali. Forse si può pensare di assumere le differenze come proprium della classe, di ogni classe.
E infatti la pluralità quello che incontriamo in classe, perché la classe è luogo di differenze: che si nascondono (dietro a spazi indifferenti, tempi uniformi, materiali uguali per tutti) o si manifestano nei loro modi di essere, di imparare, di relazionarsi.
In classe incontriamo quello che i ragazzi e le ragazze fanno, prima dei risultati che producono, come insegnano gli insegnanti, come imparano gli studenti. Ecco finalmente venire alla luce i processi che ci dicono non solo cosa ragazze e ragazzi imparano, ma come apprendono. Accorgersi della molte vie che conducono alla conoscenza ed alla convivenza è un risultato di questo modo di fare scuola.
Si può provare a trasformare i luoghi speciali in luoghi per tutti. E’ quello che si fa nello “spazio educativo”, un’esperienza realizzata al liceo Parini di Seregno: un’esperienza di anni che ci parla di spazi, tempi, relazioni, apprendimenti ed organizzazione scolastica per cui è ragionevole immaginare che “un’altra scuola è possibile”.
Insieme alle esperienze, anche la riflessione pedagogica ci offre suggerimenti importanti: una visione che ci conduce oltre l’inclusione, una prospettiva che viene annunciata dal termine universale. Questa idea di universalità cerca di dare ragione di una transizione dalla gestione della didattica speciale (gli interventi per i disabili e per i ragazzi portatori di bisogni educativi speciali) alla gestione della “didattica universale”, e cioè di un arricchimento “interno”; delle proposte didattiche per renderle efficaci nei confronti dell’intera classe.
Con Francesco Zambotti, responsabile dell’Area Educazione di Erickson e Gianni Trezzi, dirigente scolastico del liceo Parini.

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