Il 7 Marzo dalle 11.30 alle 13.00 Sfide la scuola di tutti ospiterà un incontro sul tema “I valori della scuola” . Interverranno Milena Santerini Ordinario di Pedagogia generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione, Università Cattolica del Sacro Cuore. Deputata della XVII legislatura, ora Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, Lella Carimali Docente di matematica e fisica del liceo Vittorio Veneto, Milano. Scrittrice, unica italiana tra i finalisti del Global Teacher Prize, Andrea Gentili Ricercatore in Economia Politica e docente di Economia della Conoscenza per l’Università degli Studi Internazionali di Roma, Agostino Frigerio già dirigente scolastico, formatore e docente a contratto presso l’Università Milano Bicocca, collabora con la Fondazione C.M.Martini e con l’Università Cattolica per un progetto in Medio Oriente, modera Massimo Cirri Conduttore di Caterpillar di Radio 2.
La seguente riflessione è a cura del Dott. Agostino Frigerio che ha coordinato l’organizzazione del convegno
Perché centrare un incontro sui “valori” della scuola? Per due sostanziali ragioni.
Certo perché vorremmo evitare i soliti cahiers des doleances e focalizzare l’attenzione sulle energie positive che la scuola raccoglie e diffonde, rendendo in ciò ragione anche a tutti quegli insegnanti che credono profondamente nel loro operare con i ragazzi. Ma anche perché il termine “valore” richiama il senso dell’operare: valore è quel che coagula, orienta, raccoglie e soprattutto distribuisce, diffonde, mette a disposizione, restituisce con qualcosa in più. Siamo convinti che la scuola sia un valore in quanto capace di tenere insieme esperienze e discorsi sul funzionamento delle cose e quelli sul loro senso. Lo “spirito di geometria” e la sensibilità per l’umano. In questo contesto, in cui sono cambiati i modi dell’apprendere, una scuola per la conoscenza e la convivenza, una scuola per includere e unire ha nuove risorse a disposizione. Sfide le ha sintetizzate così:
insegnare e apprendere insieme, il territorio e la cittadinanza, i libri e la libertà.
Riteniamo siano i valori centrali della scuola per un Paese democratico, alcune delle sue aspirazioni fondanti che desideriamo mettere in luce attraverso questo convegno e le numerose testimonianze, le diverse esperienze che stiamo presentando nei seminari, nei laboratori, negli ateliers. Certo il nostro sistema scolastico partecipa della crisi di molti altri sistemi, come giudicano diversi esperti: vive crisi di identità e di senso, non riesce ad essere efficace e nel contempo a raggiungere risultati di equità. Eppure conserva e rigenera conoscenze e relazioni, essenziali per la vita dei singoli e della società. Noi riteniamo che la scuola esprima già “valori” che le migliori esperienze consegnano al Paese, e che si tratta di esperienze che si incontrano tanto nei licei più esigenti e prestigiosi delle grandi città quanto in sconosciute scuole di periferia e di provincia. La scuola esprime valori nel suo essere occasione di apprendimenti significativi per i ragazzi, quegli apprendimenti che aprono la ricerca e non la chiudono, quegli apprendimenti che durano, che promuovono altre conoscenze, che riconoscono la solidarietà delle discipline (Morin, 2004), che accolgono volentieri il contributo che può offrire il gruppo degli insegnanti e quello degli studenti alle competenze, alla formazione di ciascuno. Imparare insieme, insegnare insieme.
In genere per individuare il valore dell’istruzione si fa riferimento alle scuole di eccellenza, soprattutto a livello secondario e universitario. Bene, se andiamo a vedere da vicino queste esperienze, troviamo che si tratta di scuole che sono in grado di offrire occasioni diversificate per convivere, per pensare, per pensare insieme, scuole aperte al territorio, ai diversi linguaggi.
E’ anche la storia della scuola a parlare dei suoi valori. La scuola italiana da quarant’anni ha fatto la scelta dell’inclusione degli allievi con diverse abilità. Ha fatto la scelta della pluralità culturale: e questo pensando non solo ai nuovi italiani, alle prime o seconde generazioni, ma anche ai ragazzi italiani che sono già di per sé portatori di conoscenze e atteggiamenti molto diversificati, di identità plurime e di appartenenze varie. Una scuola che include e una scuola che unisce. Ma la scuola (così una recente ricerca francese curata da Bernard Lahire: “Enfances de classe” ) rappresenta anche il più importante fattore di stabilizzazione per una infanzia e un’adolescenza che vivono almeno in parte in condizione di precarietà e disequilibrio. Una scelta di qualità – così noi pensiamo – è quella che sa partire, e non prescindere, dalle diversità e in particolare dalle situazioni di fragilità e di debolezza, vero terreno di sfida. Da qui sorge l’esigenza di un cambiamento nei modi di insegnare, un ampliamento del repertorio didattico, la socializzazione delle pratiche di insegnamento e il costante confronto sui contesti di apprendimento.
Un appunto riguardo l’insegnare insieme. La collegialità è una dimensione centrale della professionalità docente da numerosi decenni. Sulla base di alcuni dati che abbiamo raccolto attraverso una piccola indagine svolta a dicembre scorso da Sfide, sembrano emergere al riguardo aspetti di incertezza. Mentre da un lato si considera tratto essenziale del lavoro docente la collaborazione con i colleghi per instaurare nella scuola un clima favorevole agli studenti; d’altro canto la collegialità viene considerata più come supporto nelle situazioni problematiche che come vero e proprio contesto comune di confronto, riflessione e azione. La scelta delle strategie didattiche per esempio è considerata più una incombenza personale di ciascun insegnante che un compito del gruppo docente. Stanchezza per un sovraccarico di compiti e responsabilità?
Vi è del resto un numero di studenti “deboli”, per i quali la scuola non sa bene come muoversi: e questo vale – certo con numeri diversi – per le medie, per i licei, per gli istituti tecnici e professionali. Ed ecco che l’indagine della Fondazione Agnelli dello scorso anno ci consegna un criterio di grande importanza per valutare le performances delle scuole: l’eccellenza di una scuola non è data solo dai risultati dei suoi allievi migliori, ma dalla capacità di tenere insieme l’eccellenza e la tutela. Se non abbandona studenti lungo la strada, la scuola è migliore (sono i numeri a dirlo).
Crediamo infine di individuare una linea strategica generale in grado di favorire l’eccellenza formativa lungo quei percorsi che cercano di coniugare il sapere e il saper fare, l’apprendere e il convivere, la qualità degli apprendimenti degli studenti insieme alla qualità dell’inclusione sociale. Insegnare insieme, apprendere insieme. La solidarietà tra i saperi, la nuova frontiera dell’epistemologia, può avvenire senza richiamare la “solidarietà” tra chi insegna e tra chi apprende? Senza un dialogo tra linguaggi, il libro e nuove forme di comunicazione?
Ora, noi vorremmo sottoporre a un contraddittorio questi nostri pensieri, queste considerazioni. Un confronto con tre ambiti dell’essere scuola che sono rappresentati dalle pratiche didattiche, perché la scuola alla fine è “fare scuola”; dalla ricerca educativa, perché l’essere in ricerca a scuola rappresenta una dimensione dell’insegnare – rigore metodologico, esplorazione dei contesti, controllo dei risultati – che può arricchire le pratiche e anche offrire temi, dati, contributi alla riflessione sulla scuola. Ed infine, la riflessione pedagogica come ambito di pensiero che offre prospettive e restituisce riflessioni alla ricerca e alle pratiche d’insegnamento.
Bene, sottoponiamo agli esperti che partecipano a questo convegno le ipotesi che abbiamo enunciato per metterle alla prova della ricerca educativa, della riflessione pedagogica e delle esperienze più significative di insegnamento realizzatesi nel nostro Paese.