Scuola dell’infanzia G. Alberoni, Piacenza
Da 17 anni insegno alla scuola dell’infanzia, abbinando il ruolo di insegnante ad altri ruoli (formatore ecc..). Vengo dal liceo pedagogico sperimentale, ho fatto lettere con l’indirizzo di comunicazioni sociali. Nel frattempo ho sempre fatto l’educatrice e ho seguito un corso sulla prima infanzia, che mi ha portato a fare l’esperienza del nido come educatrice; situazione che mi ha fatto innamorare di questa dimensione educativa e mi ha fatto maturare la scelta, non preventivata, di diventare un’insegnante della scuola dell’infanzia. E così è stato!
La mia formazione letteraria ha sicuramente influito sui miei percorsi, da un lato arricchendoli, garantendomi basi professionali disciplinari forti ( oggetto linguistico in primis) , ma mi ha anche obbligato a ulteriori cicli formativi guidati e personali per guadagnare altre competenze mancanti. Grande contributo al mio essere insegnante, forse quello più importante, lo hanno dato le figure che ho incontrato nel mio percorso, veri mentori che mi hanno guidato con la loro esperienza e ancora lo fanno; maestre e maestri motivati, esperti capaci entusiasti del loro mestiere.
L’enorme sfida che la scuola si trova ad affrontare oggi è quasi simile a quella che ha avuto nel Dopoguerra: formare una nuova idea di cittadinanza, formare dei cittadini, dare ad ogni persona la possibilità di esercitare il suo potere reale di cittadino. Oggi la situazione, seppure differente per molti aspetti, presenta delle problematiche simili: arrivano sul nostro territorio persone che presentano distanze culturali notevoli da noi e la scuola è il primo luogo in cui si vive questa eterogeneità estrema. Il primo luogo che incontrano queste famiglie con i loro bambini.
La scuola ha il compito di dare lo strumento della cittadinanza a tutti. Questa è la sfida più grossa. Per questo ritengo che bisognerebbe investire di più nella scuola, soprattutto nei primi gradi di istruzione.
Quando parlo di investimenti, parlo di investimenti in persone; servono più persone per fare lo stesso lavoro, perché i bambini, oggi, hanno molti più bisogni di prima.
In classi con un rapporto 1:25 o 1:28 è impensabile ascoltare e lavorare individualmente.