Dirigente Scolastico
V Circolo Didattico, Eugenio Montale
Napoli
Il successo del progetto di Scuole senza Zaino consiste nel fatto che gli insegnanti erano convinti della validità del progetto. Lo hanno portato avanti loro per primi io sono stata la motivatrice, ho lanciato l’amo. Gli insegnanti hanno fatto tanto in autonomia. Dalla lettura dei testi ai contatti che hanno preso con Firenze. Per essere a Scuola senza Zaino bisogna aderire alla rete ufficiale che ha sede in Toscana. Bisogna pagare una quota ed effettuare la formazione obbligatoria con gli associati della rete: sono 20 ore di formazione obbligatoria; poi si è monitorati, c’è un anno di sperimentazione durante il quale è prevista la presenza degli osservatori esterni: questo confronto con la rete ci aiuta a crescere, ma anche a sviluppare una nostra personalità. Questo è molto importante ovunque, ma soprattutto in un territorio come Scampia. Ancora: nella mia scuola le classi senza zaino sono le prime le seconde e le terze: sapessi ora come vedo la differenza sia nei docenti che negli alunni tra le classi senza zaino e quelle che non sono entrate nel progetto, tradizionali. La differenza consiste nella concezione della scuola come comunità. Non esiste la lezione frontale, non esiste il bambino singolo. Esiste la comunità nella Scuola senza Zaino. È un messaggio che il bambino recepisce subito. La natura del bambino -lo sappiamo- non è quella l’individualità , il bambino comunque all’inizio solidarizza. Quindi la scuola consente ai bambini di confrontarsi tra loro. È un’ arma vincente. Tra l’altro io dirigo una scuola con tantissimi bambini diversamente abili: la Scuola senza Zaino rispetta i tempi di ogni bambino. Una classe senza Zaino è organizzata ad isole, così un bambino che non ha la possibilità di seguire i ritmi della classe, può mettersi in un’isola differente e fare un altro tipo di lavoro. Gli è consentito e non si sente diverso dagli altri, perché contemporaneamente anche altri bambini magari sono in altre isole o nell’agorà a fare osservazione scientifica. Sono tutti uguali, vengono rispettati i tempi di ciascuno. Nelle isole possono lavorare all’aspetto scientifico attraverso l’osservazione e la sperimentazione, all’aspetto linguistico o possono stare nell’agorà. I tempi sono rilassati.
Un altro aspetto positivo della scuola senza zaino è la condivisione dei materiali, che supera il naturale egoismo dei bambini: è una scuola comunitaria, tutto è di tutti. È stato forse più complesso abituare i genitori a questa mentalità. Poi però dopo hanno compreso i vantaggi del non acquistare i materiali: da noi lo zaino è per tutti uguale e costa 10 euro e il materiale viene acquistato secondo i bisogni della classe, tutti insieme. Il sapere che non si supererà una certa soglia di spesa è estremamente importante, soprattutto in scuole come la mia, dove ci sono alunni che hanno genitori disoccupati, carcerati, in evidente difficoltà economica. Io sfido chiunque ad entrare nelle mie classi e a capire quale dei bambini ha problemi. Siamo tutti uguali. E questo è un aspetto di grande serenità, per quanto mi riguarda.
Sono al mio primo mandato e la mia esperienza di insegnamento è ancora molto recente per poterla dimenticare. Quindi amo moltissimo ancora condividere con le mie insegnanti anche i momenti di insegnamento, in uno spirito proprio di confronto e di condivisione.
Uno degli aspetti più problematici della dirigenza, oltre a quello della sicurezza, è quello delle relazioni: non è facile con tanti docenti governare l’armonia. Un’altra dimensione importante per noi è quello dei genitori, che vanno ascoltati, accolti. Nell’accoglienza però occorre saper mettere dei paletti, per evitare l’invadenza.
La sfida più importante per la scuola di oggi è passare dalle conoscenze alle competenze. La competenza esige necessariamente un insegnamento che non è frontale quindi bisogna cambiare la metodologia. Infatti noi vediamo che tanta innovazione non è che ci sia! E non sempre è facile garantire il passaggio dalla conoscenza alla competenza; ciò richiede un impegno grandissimo. Talvolta accade che tutto il lavoro che si fa anche per la certificazione delle competenze, viene poi livellato alla scuola secondaria di primo grado. Su questo bisogna ancora lavorare. Una via d’uscita la vedo nella formazione e nella condivisione; una formazione mirata, seminariale, non frontale.