L’esperienza più significativa per la mia formazione l’ho vissuta quando ho cominciato, a Rozzano, in un periodo in cui si cambiava il paradigma nel senso che si passava da una scuola statica ad una scuola dinamica da una scuola passiva ad una scuola attiva. Erano gli anni tra il 75 e 85 che vedevano l’introduzione del tempo pieno e il passaggio da una scuola in cui l’insegnante entrava e i bambini si alzavano in piedi, una scuola con i voti e le note e le pagelle ad una scuola in cui i voti non c’erano più, c’erano i laboratori e  la partecipazione anche dei genitori.

Poi è stato molto formativo il fatto di andare all’estero (Eritrea, Turchia, Argentina): mi ha permesso di vedere sistemi scolastici diversi; anche se lavori in scuole italiane, fai riferimento ai sistemi scolastici del paese nel quale lavori perché le scuole all’estero rilasciano un doppio titolo . Un’altra cosa per me importante e formativa è stato fare l’insegnante di sostegno. Negli anni in cui lo ero, fare l’insegnante di sostegno voleva dire situarsi ai margini di una situazione educativa, non perché lo volessi, ma spesso l’insegnante di classe riteneva che tu dovessi occuparti del bambino problematico; ho lavorato in un momento in cui c’era da fare questo salto, far capire all’insegnante di classe che il compito è quello di integrare non di togliere di mezzo un allievo problematico. E ancora adesso non si è raggiunta la piena integrazione. Ho delle studentesse tirocinanti che mi raccontano di insegnanti presso cui stanno svolgendo il tirocinio che chiedono loro di “neutralizzare” il bambino. E che non permettono nemmeno di partecipare alle attività di classe perché dicono che il bambino non è all’altezza.

La sfida che secondo me la scuola deve affrontare in questo momento è lo svecchiamento. E’ una scuola vecchia quella che offriamo alle nuove generazioni: la scuola è fatta di insegnanti vecchi che non riescono a stare al passo con i cambiamenti del mondo che ci circonda. La scuola dovrebbe essere in grado di offrire dei modelli e dei linguaggi che permettano di affrontare il cambiamento, strumenti quali la capacità di pensare,  di essere cittadini attivi, di essere coinvolti in quello che fa.Tieni conto che solo il 18% degli insegnanti scuola primaria ha meno di cinquant’anni. Molti insegnanti non sono più in grado di stare dietro ai cambiamenti richiesti: ormai è indispensabile stare dietro alle indicazioni di Lisbona, promuovere i saperi e dare una cultura vera, che non è più solo quella che si studia sui libri. Il sapere ormai arriva da tutte le parti…abbiamo bisogno di una classe docente rinnovata.

In questo non comprendo alcune scelte: da un lato si chiede ormai da anni una formazione universitaria anche ai docenti di scuola primaria e dell’infanzia, per promuovere una scuola di qualità, dall’altro si continuano a mantenere delle differenze stipendiali con le gli altri docenti delle secondarie. Le maestre e maestri lavorano più ore, sono laureati con una laurea quinquennale, e prendono uno stipendio inferiore. Questo è altamente demotivante.

L’altra cosa che non comprendo è che da un lato si chiede la laurea quinquennale ai docenti di scuola primaria e dell’infanzia e poi, a causa di ricorsi e altro,  si ripescano vecchi insegnanti, formati ancora dal vecchio istituto magistrale e inattivi da anni, e si immettono nelle scuole. A questo punto il processo di rinnovamento e di svecchiamento è fortemente rallentato.