Insegno da 27 anni nell’IC Interprovinciale dei Sibillini, da 21 nel plesso di Scuola Primaria del mio paese, Comunanza, 3000 abitanti “brulicanti” in una vallata ai piedi degli Appennini Centrali, in provincia di Ascoli Piceno. Un posto d’incanto, il nostro, a 30 minuti dalle spiagge, a 30 minuti dalle piste da sci e a 30 minuti dalla città. Eppure, questa nostra posizione così felice, oltre ad evocare i recenti eventi sismici che ci hanno duramente colpito, ci ha fatto guadagnare, nel tempo, l’erronea considerazione di luogo scomodo da raggiungere. Da qui l’avvicendamento di ben 14 Dirigenti Scolastici negli ultimi 20 anni, un via vai di docenti precari, colleghi di “cariatidi” che, invece, qui permangono da una vita, e il continuo riassetto dei plessi con un susseguirsi di fantasiose razionalizzazioni.

Chi siamo ora? Siamo abitanti dei Sibillini: lavoratori instancabili, ma anche un po’maghi; siamo gente fiera e sanguigna attaccata alla propria terra e alle proprie tradizioni; siamo una scuola con un’identità forte che, senza una continuità nella guida, ha saputo innovarsi, ricominciare ogni volta ed essere al passo con i tempi non rinunciando ai propri valori; siamo un corpo docente, spesso aggiornato e preparato, che si impegna ad accompagnare gli studenti in un percorso verso un futuro, forse lontano da qui.

I nostri ragazzi hanno imparato a fare i conti con le prove di vulnerabilità sismica ed evacuazioni reali e per questo sono temprati… ma sono anche competenti, almeno quanto i loro coetanei di altre regioni italiane.

Queste, e milioni di altre, sono le nostre unicità che offriamo al futuro del nostro Paese per contribuire a costruirlo insieme di colori diversi.

L’obiettivo con i nostri alunni, allora, oggi, è trasmettere loro un senso forte di appartenenza contro la dilagante mentalità della “domenica al centro commerciale”, è aiutarli a costruire quello spirito di imprenditorialità che possa permettere loro, un giorno, di tornare a reinventarsi qui, magari partendo dalla terra, da una coltura antica, da questi mattoni caduti, dalle opere d’arte sconosciute, per innovare e trasformare. Tutto ciò vuol dire essere disposti a lottare contro, o insieme, alla scelta facile di scappare in città (strada, peraltro, da molti già percorsa).

La sfida, perciò, non vuole essere quella di affermare la nostra identità per uscire da una sorta di provinciale complesso di inferiorità, tutt’altro, la nostra sfida oggi è quella di esserci e di essere all’altezza… nonostante tutto. Anzi, forti del nostro “Nonostante tutto”.