Insegnante di scuola primaria
IC Iqbal Masih
Monza
La sfida più grande per la nostra scuola è di acquisire la forza di una scuola del confronto e del comfort, la forma di una casa comoda e accogliente, le dimensioni di una grande famiglia, la vocazione di essere per ciascuno. Ho lavorato in diverse scuole, e l’impressione che vivo ogni volta che entro nelle classi è che i bambini hanno bisogno di una comfort zone, di un luogo in cui possano misurarsi senza antagonismi con se stessi e con gli altri e possano liberarsi di un carico emozionale che non sanno gestire da soli. Le loro capacità sociali (e non solo) dipenderanno da quanto gli insegnanti che incontrano saranno attenti ai loro carichi da 90 e sapranno incanalare le loro emozioni. Subito dopo ci saranno gli apprendimenti, quelli efficaci. Credo nel forte valore che ha il confronto con l’altro, e di quanto sia importante insegnare ai bambini il valore del linguaggio, quale possibilità di essere. Questo, il mio primo anno di lavoro a tempo indeterminato, è in una scuola che esiste e coesiste con una realtà sociale difficile, a forte flusso migratorio. Di emozioni da gestire ce ne sono parecchie, la rabbia mi pare quella prevalente, purtroppo. Vorrei che questi bambini trovassero nella loro scuola e nelle loro insegnanti, un luogo dove poter abbandonarsi e scegliere di essere la loro parte più bella ed autentica. Questo spesso avviene (ahimè, non sempre) ma la burocrazia, e le leggi, spesso sono il limite alla loro libertà di piacersi e di piacerci. Vorrei che la scuola li conducesse verso il loro riscatto sociale ed emotivo. Sono una maestra giovane, insegno da pochi anni. Prima di diventarlo lavoravo in un museo di scultura contemporanea della mia città. Avevo già l’attitudine al lavoro con l’infanzia, perciò pur capendo poco di arte ( insomma, i miei studi avrebbero dovuto portarmi altrove), mi occupavo della sezione didattica del museo. Durante una mostra conobbi l’artista Guido Strazza, al quale parlai della mia iniziale difficoltà ad occuparmi di una materia che non conoscevo. Lui mi regalò una frase che è diventata molto più di un consiglio per me. “ FARE DIDATTICA E’ FARE AUTODIDATTICA”. Penso spesso al valore speciale di questa frase e a quanto sia utile affinché io possa essere una buona maestra: mi è stata data la possibilità d’insegnare, sono libera di insegnare, posso scegliere cosa e come insegnare; devo imparare sempre tante cose, e posso farlo da sola e con i miei alunni. Il mio lavoro è vivo del confronto con alcune validissime colleghe ed io, per fortuna, ne ho incontrate davvero tante.